Credo che ogni categoria professionale abbia la propria sindrome. Quella del traduttore è la schizofrenia. Passa da uno stato di stress assoluto a uno stato di ansia assoluta per il futuro.
Stress da superlavoro o ansia da mancanza di lavoro
Credo che la maggior parte dei traduttori professionisti, chiedo la vostra conferma al riguardo, attraversi questi due stati emotivi molto spesso. Apparentemente la caratteristica della professione è essere tanto oberati di lavoro da aver bisogno di una giornata di 48 ore e non di 24 oppure non avere alcun incarico da portare a termine entro una determinata scadenza (la famosa terribile “deadline“).
Reazioni comuni di un traduttore
Se un traduttore ha molti incarichi tende a chiudersi nella sua stanza e a non voler essere disturbato per nulla al mondo soprattutto se la “deadline” si avvicina. In questi casi lo si sentirà spesso borbottare che non ha più tempo per sé e per la famiglia e che si sente schiavo dei suoi clienti (anche se è stato lui stesso ad accettare tutti gli incarichi che gli sono stati proposti!).
Al contrario, se per una sola giornata o settimana non riceve alcun incarico di traduzione, diventa ansioso. “Non mi chiama più nessuno! Come farò a vivere? Resterò senza lavoro! Che ne sarà del mio futuro? Non potrò acquistare più niente! Resterò morto di fame! Non potrò più viaggiare” piagnucola. Il panico prende il sopravvento e se prima beveva troppi caffè per lo stress, ora lo fa per la paura. E se prima diceva di non poter più fare niente perché il lavoro lo assorbiva totalmente, ora afferma che non potrà più fare niente per mancanza di soldi. E si sente un fallito.
Quanti di voi si riconoscono in questa descrizione?